Oggi è morto a Roma Goffredo Fofi. Un altro come lui – che lavorò diciottenne con Danilo Dolci in Sicilia, che ti fa scoprire Nicola Chiaromonte e Caffi e Colin Ward, che ti invita a rileggere Capitini, che nonostante l’età e la stanchezza si mette ancora in gioco per dare una mano senza chiedere favori in cambio; un altro come lui che ha condiretto i Quaderni piacentini, fondato e diretto Ombre rosse e Lo straniero con Alessandro Leogrande (di cui scrisse uno splendido ricordo) e Gli Asini; un altro come lui che davanti alle storture del mondo non si rassegna e anzi fende colpi, che ha scritto su Totò e Pasolini e l’immigrazione meridionale a Torino e il vegetarianesimo e Camus e Camillo Berneri; un altro come lui che a differenza di troppi parolai legati al loro piccolo potere il potere lo rifiutava, affrontando la realtà senza il comodo filtro delle astrazioni e senza timore di sbagliare; un altro come lui che aveva lavorato come educatore ancora lo rivendicava quale prima e fondamentale vocazione, che frequentava viso a viso la gente e la amava perché conosceva la sofferenza, e poiché amava la gente si arrabbiava, e poiché si arrabbiava lavorava e studiava e si impegnava; un altro come lui che fu tra i primi a scoprire Dagerman in Italia e scriverne, che cercava sempre di aggregare, mettere in comune, mettere insieme, battere l’onda dell’individualismo che saliva e ci ha sommersi – ecco: un altro così, in questi tempi cinici, gli dèi non ce lo mandano più. Che la terra ti sia lieve, Goffredo: ti ho voluto molto bene.
(11/07/25)