Fiore

È morto Fiore – Fiorenzo Corona, all’anagrafe – 74 anni di vita, 40 di bancone, 30 di conoscenza con chi scrive. Ricoverato per una brutta polmonite, il cuore non ha retto. È stato un personaggio milanese leggendario per carattere, fisicità, storia. Uscito da una militanza nel movimento studentesco, di cui parlava volentieri, aveva deciso a metà degli anni Ottanta di aprire il locale insieme ad altri soci. In precedenza doveva averle date a più di un fascista e rimane meravigliosa, tanto che non ho mai voluto appurarne la veridicità, la storiella secondo la quale negò la colazione a un noto politico di destra. Il passo dinoccolato e il corpo tozzo, la bocca carnosa e il sorriso beffardo, Fiore era burbero, affettuosissimo, guascone, ironico. Con gli occhi penetranti e la risata soffocata, che a me ricordava il Muttley della Corsa più pazza del mondo, dava un’anima, un timbro, a un locale che con il tempo è diventato un pezzo storico di città.

Vent’anni che andavo, che vado da Fiore. Le parole non le ho, le ha Marco. Io posso solo dire che tutte le persone a me care – il mio migliore amico, la nostra ghenga milanese quando vivevamo insieme, il mio amico e traduttore François Bouchard, qualche giornalista che voleva conoscermi, io da solo quando volevo semplicemente leggere il giornale e bere qualche birra sotto quella luce densa, e soprattutto ogni donna che ho amato – ecco: siamo tutti passati lì, alla Belle Aurore. O meglio: da Fiore, come si diceva.

(23/02/25)