Bacone

Nel tempo ho sviluppato un certo debole per la saggistica del tardo Cinquecento e del primo Seicento: non un vero amore come per altri periodi, ma una sorta di curiosa fascinazione. Utopie, morali provvisorie, filosofia che si mescola con la magia naturale, l’invenzione della soggettività moderna, l’irrompere dell’Altro — il nativo, il diverso — sulla scena del pensiero, la scienza che si fa strada. Tanti pensatori così diversi, così profondi: in pochi decenni si consuma una vera rivoluzione culturale: Montaigne, Galileo, Descartes, Campanella, Thomas More, La Boétie, e così via.

Non avevo però ancora letto i Saggi di Bacone, di cui conoscevo solo — per motivi di studi universitari — il Novum Organum. Sono scritti benissimo, ed echeggiano l’esempio più celebre di Montaigne; rispetto ad esso sono meno geniali e profondi, ma anche pervasi da una praticità tutta britannica, se così posso dire. Alcuni brani sono invecchiati male, com’è ovvio. Altri invece mantengono intatta la loro brillante ragionevolezza.

Molto belli sono in particolare quelli sull’amicizia e le letture. Ne riporto qualche passo, ad esempio questo:

Invitare se stessi a un resoconto rigoroso è una medicina a volte troppo lacerante e corrosivo; leggere buoni libri di moralità è un po’ monotono e sterile; osservare i nostri difetti negli altri è talvolta inadatto al nostro caso; invece la migliore medicina (migliore dico per essere efficace e migliore a prendersi) è il monito leale di un amico.

O questo, sempre sull’amicizia:

Così apparirà chiaro come l’affermare che “un amico è un altro se stesso” fu un detto restrittivo da parte degli antichi, poiché un amico è di gran lunga più di se stesso.

O questo, ancora:

Ho esposto le regole per cui un uomo non può adeguatamente recitare la propria parte: se non ha un amico, può abbandonare la scena. 

E infine questo, sugli studi:

Gli smaliziati disprezzano gli studi, i semplici li ammirano, i saggi li utilizzano. Gli studi infatti non insegnano quale sia il loro uso, essendo questa una saggezza estranea e superiore ad essi e che si ottiene con l’osservazione.

Non si legga per contraddire e confutare, né per credere ciecamente e dare per scontato, né per trovare motivo di conversazione, ma per ponderare e valutare.

(30/08/17)