A un certo punto la montagna finisce

Il 5 gennaio scorso ho partecipato a una serata di proiezione fotografica nel comune di Saint-Nicolas (Valle d’Aosta) che frequento da molti anni ed è ormai un pezzo importante della mia vita. Nella palestra della piccola scuola abbiamo visto sfilare aquile, volpi, gipeti, pernici, galli forcelli, avvoltoi e lupi, colti in quota vicino a lariceti imbiancati o sui prati alti ricoperti di neve. Il fotografo, Davide Glarey, ha raccontato le immagini con grande bravura e un’esplicita morale di fondo: “Nessuno scatto vale il benessere degli animali”.

Una bella serata. Ho imparato molte cose e ne sono uscito con un amore ancor più grande verso la montagna, un desiderio ancor più forte di proteggerla e rispettarla; ma una cosa su tutto mi ha colpito. A un certo punto è apparsa la foto di una lepre variabile, piuttosto comune nell’arco alpino: in estate il mantello è bruno mentre d’inverno vira interamente al bianco (a parte due vezzose macchie scure in cima alle orecchie) per mimetizzarsi e difendersi dai predatori. Il dettaglio interessante è che la muta avviene comunque a ogni cambio di stagione, anche se non nevica; di conseguenza, per evitare di fungere da ideale bersaglio nell’erba nuda, la lepre deve salire più in alto. “Ma non può salire troppo perché deve anche trovare cibo”, ha aggiunto Glarey; “e poi a un certo punto la montagna finisce”.

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(06/02/24)