Si è parlato spesso in relazione alla Global Sumud Flottilla di “elefante nella stanza”, per sottolineare che i governi e una parte della discussione pubblica discuteva sulle decisioni e comportamenti della Flotilla come se a essere illegali fossero i comportamenti di chi navigava pacificamente in acque internazionali, e non un oltraggio al diritto internazionale quelli di chi pretendeva di impedirlo col ricorso alla violenza. Quelle coraggiose barchette a vela sono riuscite a portare l’elefante in primo piano mettendo in imbarazzo una comunità internazionale inane e intimorita di fronte a regimi che si reggono sulle minacce di coloro che non si sottomettono ai loro voleri, sulla sistematica manipolazione delle opinioni pubbliche e il massacro di intere popolazioni viste come impedimenti all’espansione dei loro poteri.
Come Movimento Europeo di Azione Nonviolenta (Mean) mentre dal 1 al 5 ottobre eravamo impegnati nella nostra quattordicesima missione in Ucraina, ci siamo sentiti totalmente solidali con quelle imbarcazioni e la loro denuncia, quasi che i nostri corpi, di noi 110 attivisti costruttori di pace italiani diretti a Kharkiv, l’antica capitale che si trova a 35 km dal fronte, fossero essi stessi una specie di fragili vele.
Consiglio di leggere il racconto di Marianella Sclavi del suo viaggio in Ucraina: utile anche per un piccolo ripasso di storia.
(14/10/25)