La delega morale

Una decina di anni fa il filosofo Robert J. Howell propose un interessante esperimento mentale immaginando un’applicazione, Google Morals, in grado di fornire risposte a ogni problema etico. L’obiezione di Howell al suo utilizzo era semplicissima: quand’anche Morals fosse infallibile, impermeabile ad attacchi hacker e promettesse dunque illimitato benessere, accedendovi perderemmo la libertà – condizione indispensabile per ogni scelta tra bene e male. (Non siamo lontani dall’offerta del Grande Inquisitore di Dostoevskij, nei Fratelli Karamazov: rinunciare all’autonomia personale in cambio di un dominio paternalistico).

In effetti agire sempre in accordo a un perfetto calcolo morale ci renderebbe degli automi. Magari automi felici e rispettosi: ma privi di quel nucleo inviolabile che appartiene a ognuno di noi – coscienza, anima, chiamatelo come che vi pare. Il prezzo della libertà può essere molto alto, perfino tragico, ma senza di essa e la responsabilità che ne deriva è davvero complicato definirci umani.

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(09/07/24)

“Nulla è davvero perduto fintanto che”

E mentre Virginia Woolf, portando la conversazione sullo stato attuale delle cose del mondo, mi faceva partecipe delle sue inquietudini e dei suoi tormenti — gli stessi nostri —, tra i quali la letteratura occupa un piccolo posto, pensavo tra me che nulla è davvero perduto fintanto che ammirevoli artigiani si dedicano con pazienza, al loro arazzo pieno di fiori e di uccelli, senza mai mescolare alle opere il resoconto indiscreto delle loro fatiche, e il segreto dei succhi spesso dolorosi nei quali le loro belle lane sono state intrise.

Marguerite Yourcenar, Una donna sfavillante e timida, in Pellegrina e straniera, p. 110.

(26/06/24)